E adesso, pover’uomo? I working poors secondo Hans Fallada

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Raramente accade di leggere un romanzo così profondamente intriso di una pervasiva tristezza, una tristezza oggettiva, che salta fuori dalla pagina scritta anche se l’umore del lettore è dei più allegri e spensierati (e confesso che, ahimè, non mi capita spesso). Eppure le quasi seicento pagine di Hans Fallada si leggono come attratti da una forza magnetica, misto di empatia e aspettativa intellettuale. Indubbiamente la prima, come invece mi capita spesso, era la molla determinante. Non per nulla Ralf Dahrendorf e Beniamino Placido nei due scritti introduttivi alla riedizione italiana di Sellerio del 2008 (che nell’originaria versione ha generato subito due film – uno tedesco-nazista nel 1932 e l’altro americano nel 1933 – e solo nel 2016 una traduzione teatrale al Gorki di Berlino) segnalano il romanzo di Fallada, considerandolo uno dei capolavori del neorealismo tedesco degli anni ‘30 alle prese con l’avvitamento nazionale e, di lì a poco, europeo nelle spire del nazismo come risposta di popolo a un disagio profondo e complesso. Però stile e storia mi hanno spiazzato perché Fallada in realtà racconta una vicenda dove politica e ideologia compaiono, a intermittenza, solo sullo sfondo mentre i protagonisti sono una coppia alle prese con l’edificazione di una piccola famiglia fondata su un solido quanto elementare cemento amoroso tra due individui fondamentalmente soli (la solitudine è un altro tema prediletto di Fallada1) e su un bilancio familiare insufficiente e decrescente. Il vero protagonista del romanzo è proprio questo magro bilancio. In proposito non si può non concordare con Beniamino Placido che vede il fulcro della corposa storia nella minuziosa nota delle spese mensili, compilata dalla sposina in dolce attesa, da cui emerge con vividezza sia l’animo gentile dei due coniugi sia un altro, indefinito e minaccioso, materiale nero. Quest’ultimo è costituito dai soldi guadagnati dal marito Johannes Pinnemberg, commesso in un grande negozio di abbigliamento (dopo essere stato licenziato da un precedente commerciante di mangimi per aver tenuto nascosto il suo matrimonio), che non bastano neanche per le spese necessarie (tra cui alcuni centesimi per i fiori) e, soprattutto, dagli umori che, secondo Placido (che cita Dahrendorf), generano dai conti difficili da far quadrare: “…brutti pensieri. Quindi i nervosismi, gli isterismi. Forse i nazismi”.