La rappresentanza di genere e gli organismi di parità nelle Università

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Sommario: 1. Premessa: oggetto dell’indagine. 2. La cornice normativa. 3. Il principio di pari opportunità negli Statuti Universitari. 4. La rappresentanza di genere nelle Università. 4.1. Gli organismi a tutela dell’uguaglianza. 4.2. Le azioni positive realizzate. 5. Alcune brevi riflessioni conclusive.

1. Premessa: oggetto dell’indagine

Il tema della parità di genere nelle pubbliche amministrazioni (con specifico riferimento alle Università) non compare spesso nel dibattito ed è diffusa l’idea che nel settore pubblico, a differenza che nel settore privato, il divario tra donne e uomini sia pienamente colmato. La pubblica amministrazione è generalmente considerata come una sorta di “isola felice”, un punto di approdo sicuro e privilegiato per l’occupazione femminile a cui è in grado di garantire una serie di tutele e di benefit non facilmente fruibili nel mare del privato. Vari elementi sembrerebbero confortare questa visione. Di sicuro si tratta di uno dei settori lavorativi in cui la presenza femminile risulta più rilevante. Ma quali ruoli ricoprono le donne? Può dirsi, in generale, raggiunta la parità di genere? Il presente Osservatorio si propone di valutare in concreto quale sia la posizione delle donne nelle Università statali italiane1, di individuare, attraverso la disamina di una serie di indicatori, le principali criticità in termini di rappresentanza di genere e di funzionamento degli organismi sulle pari opportunità. A questo fine è necessario partire da una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento, per poi passare ai dati e alle valutazioni conseguenti.

2. La cornice normativa

La ricostruzione della cornice normativa sulle pari opportunità nelle Pubbliche amministrazioni e sulla costituzione e il funzionamento degli organismi di parità risulta abbastanza ampia e affidata a strumenti diversi (leggi, circolari e altre fonti), che richiederebbero un’ampia disamina, non possibile in questa sede2 . Sinteticamente, è necessario, tuttavia, ricordare almeno quelle disposizioni che impongono una serie di adempimenti in capo al datore di lavoro pubblico, talvolta veri e propri obblighi provvisti di sanzione. Si pensi alla Direttiva emanata dal Dipartimento della funzione pubblica nel 2007 (cd. Pollastrini-Nicolais)3, avente l’obiettivo, fra gli altri, di aumentare la presenza delle donne nelle posizioni dirigenziali e di “promuovere analisi di bilancio che mettano in evidenza quanta parte e quali voci del bilancio di un’amministrazione siano (in modo diretto o indiretto) indirizzate alle donne, quanta parte agli uomini e quanta parte ad entrambi. Questo anche al fine di poter allocare le risorse sui servizi in funzione delle diverse esigenze delle donne e degli uomini nel territorio di riferimento”.