L’autonomia collettiva: da Francesco Santoro-Passarelli a Gino Giugni*

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1. Sono molto lieto di intervenire a questo Convegno e ringrazio gli organizzatori, in particolare Roberto Voza, per avermi invitato. Come ringrazio il Rettore dell’Università di Bari, la Sindaca di Altamura e il Presidente dell’Associazione Avvocati di Altamura “Francesco Santoro-Passarelli. Ho avuto il privilegio di conoscere in carne ed ossa i Maestri che oggi ricordiamo. E posso affermare, senza tema di essere smentito, che sono gli unici due autori che hanno elaborato teorie complete dell’autonomia collettiva nel nostro ordinamento. Teorie ovviamente diverse, ma non in contrasto tra loro, come talvolta si sostiene.
È noto che Santoro-Passarelli ha elaborato la teoria dell’autonomia collettiva come specie dell’autonomia privata. Quindi utilizza e fa propria una categoria già ampiamente sperimentata.
Per Santoro, come l’ordinamento riconosce ai singoli di regolare da sé i propri interessi, allo stesso modo riconosce ai gruppi il potere di regolare pattiziamente i loro interessi: non più individuali naturalmente, ma collettivi.
Ossia di collettività di persone che non vanno confuse con la collettività generale, dunque non detengono un interesse generale, cioè un interesse pubblico. In altri termini Santoro – già nel 1949 e nella voce “Autonomia collettiva” dell’Enciclopedia del Diritto – riconosce l’esistenza dei “gruppi intermedi” in conformità a quanto stabilisce anzitutto l’art. 2 Cost. – che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità – e poi l’art. 39 Cost., che fa riferimento ai sindacati in particolare. Con una notazione importante: i “gruppi intermedi” sono inseriti direttamente e stabilmente nel corpo sociale, ma non nell’organizzazione giuridica dello Stato. Perciò, oltre a essere liberi, questi gruppi sono soggetti privati. Diversamente dai sindacati corporativi, soggetti pubblici inseriti nell’organizzazione dello Stato.