Lavoro giornalistico ed equo (s)compenso

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Abstract
Il lavoro giornalistico per la sua “specialità” è da sempre connotato dalla difficoltà di individuare con certezza i criteri distintivi di una prestazione svolta in regime di subordinazione, di autonomia o di collaborazione coordinata e continuativa. Una difficoltà interpretativa che ha recentemente indotto il legislatore ad intervenire sulla materia, da sempre lasciata al controllo preventivo della contrattazione collettiva e al vaglio finale della giurisprudenza. Pertanto, con la legge n. 233 del 31 dicembre 2012 è stata introdotta la disciplina del cosiddetto “equo compenso”, che sembrerebbe (secondo la lettera dell’art. 1) estendere l’ambito di applicazione dell’art. 36 Cost. anche oltre l’area della subordinazione a lavoratori giornalisti ‘titolari di un rapporto di lavoro non subordinato’.Tra perplessità interpretative in merito all’estensione applicativa dell’art. 36 Cost. e un dibattito ancora aperto (nel nostro Paese) sul salario minimo, prima il Tar e poi la Corte dei Conti hanno accolto le censure promosse dal Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, fortemente avverso alla disciplina legale. Sta di fatto che, a fronte della descritta confusione normativa e dinanzi ad una magistratura da anni affannata alla ricerca di parametri retributivi effettivamente equi e aggiornati, i giornalisti si trovano in una condizione di grave difficoltà, essendo ancora in attesa dell’emanazione di un tariffario o di un qualunque legittimo meccanismo di calcolo dei compensi minimi, che possa garantire a tutti gli iscritti all’Ordine una retribuzione dignitosa e coerente alla quantità e qualità di lavoro svolto.

Journalists’ Work and (Un)Fair Remuneration

Journalists’ work for its “specialty” has always been characterized by the difficulty of certifying with certainty the distinctive criteria of a performance performed under a subordinate, autonomous or co-ordinated and continuous regime. An interpretative difficulty that has recently led the legislator to intervene on the matter, which has always been left to the prior control of collective bargaining and to the final screening of case-law. Law 31 December 2012 no. 233 introduced the so-called “fair compensation”. Such a law seems to extend the scope of application of Article 36 of the Constitution even beyond the area of subordination to journalists who are ‘holders of a non-subordinate employment relationship’. Among the pertinent interpretations regarding the extension of Article 36 of the Constitution and a still open debate on minimum wage, first the Tar and then the Consiglio di Stato accepted the allegations promoted by the Council of Journalists and strongly opposed to statutory discipline. It is in fact that, in the face of the above-mentioned regulatory confusion and before a judiciary for years in search of fairly up-to-date and pay parameters, journalists are in a state of serious difficulty, still awaiting the issuance of a tariff or of any legal mechanism for calculating minimum remuneration, which can guarantee all members of the Order a decent remuneration and consistent with the quantity and quality of work done.