Su economia e politica dei diritti

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Sommario: 1. Cosa implica la questione della sostenibilità economica dei diritti. 2. Trade-off, complementarietà e scelte pregiudiziali nei rapporti tra diritti e risultati economici. 3. Molteplici effetti della crisi globale (fatti, teorie, senso comune, costituzioni, spese sociali e diritti). 4. “Austerità” finanziaria e diritti. 4. La sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015 e il decreto legge del Governo n. 65/2015. 6. Conclusioni.

1. Cosa implica la questione della sostenibilità economica dei diritti

Le recenti sentenze della Corte costituzionale che hanno stabilito la illegittimità del blocco operato da passati governi dei meccanismi di perequazione delle pensioni1 e degli stipendi dei dipendenti pubblici2, alimentano un più generale dibattito sui rapporti tra diritti e risultati economici3. Almeno nelle prime reazioni alle sentenze, la questione è stata per lo più impostata nei termini del costo che i diritti avrebbero per il bilancio pubblico e della loro sostenibilità finanziaria.
Dal punto di vista economico (ma non solo), questa impostazione della valutazione dei diritti è per lo meno parziale; ma per mostrarne i motivi è necessario un passo indietro nel versante economico del ragionamento, risalendo alle possibili valutazioni del ruolo della spesa sociale.
Nella letteratura economica, riguardo alle relazioni esistenti tra la spesa sociale e la crescita economica, si possono individuare e schematizzare due posizioni contrapposte4. Seguendo una visione di tipo liberista, tra le dinamiche delle due grandezze economiche vi sarebbe una relazione di trade-off per cui il perseguimento degli obiettivi sociali implicherebbe un costo in termini di minore crescita del Pil. Nella versione del darwinismo sociale – ritornata in auge nel trentennio che ha preceduto la crisi globale esplosa nel 2007-2008 – la spesa sociale e le garanzie offerte dai sistemi di welfare state, oltre che frenare la crescita, avrebbero un ruolo addirittura deleterio per la libertà degli individui: in misura proporzionale alle garanzie ricevute dallo stato sociale, nell’individuo si attenuerebbero lo stimolo e la capacità di badare a se stesso e con ciò s’indebolirebbe il prerequisito della sua stessa libertà. La globalizzazione dei mercati con la conseguente maggiore circolazione delle merci, il dumping sociale operato dai paesi emergenti e la loro conseguente maggiore concorrenzialità di prezzo rispetto ai paesi con sistemi di welfare più sviluppati e costosi, sono ulteriori circostanze richiamate nell’ambito di questa visione per giustificare il contenimento della spesa sociale e delle sue istituzioni