Le arti e la dimensione giuridica. Riflessioni a conclusione del Convegno svoltosi a Palazzo Incontri, Firenze, giovedì 30 maggio 2019

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Sommario: 1. Le ragioni del convegno. 2. Rappresentare la dimensione giuridica. Il contributo delle arti figurative. 3. Interpretare il diritto a partire da letteratura, musica e teatro. 4. Raccontare la dimensione umana e dare forma all’ingiusto. Narrativa e immaginazione del diritto. 5. Il diritto: arte o scienza? Note conclusive di Maria Rosaria Ferrarese.

1. Le ragioni del convegno

“Cosa c’entrano le arti con la dimensione giuridica?” È con questo interrogativo che il Rettore dell’Università di Firenze, Luigi Dei, apre i lavori del Convegno “Le arti e la dimensione giuridica”, organizzato a Palazzo Incontri, a Firenze, il 30 maggio 2019, dalla Fondazione CESIFIN Alberto Predieri con il patrocinio dell’Università di Firenze.
La risposta è affidata alle parole del grande restauratore belga Paul Philippot, secondo il quale “il restauratore deve rimediare, nel limite del possibile, al divorzio fatale fra la materia che invecchia e la forma che incarna”. Diritto, giustizia, informazione giudiziaria – ricorda Dei – conferiscono forma al vero, perseguono, seguendo cammini diversificati, il comune e identico valore della verità. Quest’ultima, tuttavia, pur se univoca, presenta sfaccettature plurime e, come per l’osservatore del Ratto delle sabine del Giambologna che gira intorno all’opera per coglierne tutte le possibili sfumature prospettiche, la ricerca della verità impone al giurista di assumere molteplici punti di visuale, compreso quello dell’arte. Del resto, può il diritto essere considerato un prodotto artistico? È il diritto esso stesso “arte”? Si domanda Patrizia Giunti, Direttrice del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Firenze. Erano gli anni ’50 del secolo scorso, si coglievano ormai chiaramente i limiti del riduzionismo positivistico, e Francesco Carnelutti, nel suo saggio L’arte del diritto, già richiamava le categorie della fantasia, dell’armonia, dell’intuizione. Il giurista, per essere scienziato in senso pieno, deve essere uomo e scienziato insieme, e per questo arricchire il proprio strumentario di competenze ulteriori che guardino all’estro creativo, abbiano capacità di ascolto, sensibilità ed empatia verso la vita in tutte le sue forme. La “fantasia del giurista” – sottolinea Paolo Cappellini, ricordando un saggio di Paolo Grossi e portando i saluti del Centro di studi per la storia del pensiero giuridico moderno – è rimasta fin troppo latente nel suo lavoro, ma è presente e si sostanzia in quella dimensione propriamente creativa che assai spesso gli appartiene. Il discorso sul binomio arte e attività del giurista coinvolge, inoltre, un aspetto più profondo, che attiene al rapporto fra natura e artificialità, fra la dimensione umana (finanche biologica) dell’umanità e la dimensione artificiale del diritto e dello Stato. Diviene imprescindibile, insomma, guardare oltre il confine scientifico dello spazio giuridico, osservare la complessità del reale, calarsi nelle diverse relazioni che lo contraddistinguono, fra ciò che è rimasto per troppo tempo distante e non facilmente comunicante. In questo, ribadisce Paola Lucarelli, Presidentessa della Scuola di Giurisprudenza dell’Università di Firenze, l’arte può farsi veicolo di conoscenza, strumento di sensibilizzazione del diritto e specchio della sua dimensione sociale. L’arte consente di guardare la persona nella sua componente emotiva, oltreché razionale, contribuendo in tal modo al radicamento di una cultura giuridica che accolga strumenti, percorsi e valori rivolti alla piena e completa esplicazione della personalità.