Memorie dell’altro secolo: 1970, attacco al Taylorismo

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Sommario: 1. Organizzazione tayloristica del lavoro e sindacato. 2. La teoria di Taylor e la pratica di Ford. 3. Come nacque l’inquadramento unico. 4. Formazione e professionalità: “150 ore” e inquadramento unico.

1. Organizzazione tayloristica del lavoro e sindacato

Ero all’ufficio studi della CGIL, quando mi appassionai alla questione delle qualifiche, considerando sbagliata la dottrina che ispirava la tradizionale contrattazione sindacale delle qualifiche, e che aveva nella Cgil un fondamentale supporto teorico e pratico. Quella che allora chiamavamo, senza pudore, la “classe operaia” mi sembrava frammentata da un inquadramento professionale che sacrificava la grande massa degli operai. Insomma, il sindacato si accontentava di rappresentare l’élite operaia qualificata. Ricordo che quando andavo a Torino per i Direttivi della CGIL, parlavano tutti piemontese. E io facevo fatica a capirli e dovevo farmi “tradurre” per potere intervenire. Erano i delegati di fabbrica tutti piemontesi e tutti facenti parte dell’élite operaia. Eppure la grande maggioranza degli operai era composta di meridionali con i loro dialetti (che avrei capito), ma loro non c’erano. Non era un difetto del grande sindacato torinese. È che il sindacato aveva sempre rappresentato gli skilled. La grande massa degli unskilled – addetti con mansioni elementari alle macchine o all’assemblaggio – erano una sottospecie incapace di (o impossibilitata a) autorappresentarsi. Era la grande massa degli operai comuni.
In sostanza, il sindacato si era adeguato alla divisone del lavoro secondo il rigoroso modello di Taylor, applicato da Henry Ford all’inizio del secolo. Era il superamento dell’operaio di mestiere, la dequalificazione di massa come indispensabile premessa e corollario della svolta del lavoro industriale. Secondo il nuovo modello della manifattura, la grande massa dei lavoratori era addetta a mansioni elementari, il cui svolgimento era dettato dalle macchine utensili e, successivamente, dalla catena di montaggio. Non bisognava conoscere il processo produttivo. Il segreto dell’organizzazione scientifica del lavoro dell’ingegnere Taylor era nell’estrema parcellizzazione, che aborriva (ed escludeva) l’intervento attivo del lavoratore. Non si chiedeva alcuna intelligenza del processo. Ogni lavoratore era al servizio della sua mansione: con tempi rigorosamente scanditi per ogni movimento. Era quello che poi fu definito l’operaio-massa. In sostanza la stragrande massa dei lavoratori della manifattura. Rievocando Marx, si poteva dire che, mentre nella manifattura tradizionale la macchina era al servizio dell’uomo, ora l’uomo si poneva al sevizio della macchina