Quel che resta del Covid

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Mentre si scrive il 31 luglio è vicino; lo stato di emergenza proclamato dovrebbe volgere al termine.
Si procede dalla “fase 2” verso la “fase 3”, e probabilmente anche oltre. È naturale, quindi, che si voglia cominciare a “fare i conti”, a tracciare un bilancio della legislazione emergenziale e una previsione di quello che ci attende: la tentazione è forte. Ma lo scenario è ancora molto incerto e troppo vivida, poi, la sconcertata memoria di giorni immobili, mai uguali sebbene identici a sé stessi nella loro ripetizione tra il tedio e l’ossessione. Ogni giorno; ogni bollettino della protezione civile; ogni decreto; ogni ordinanza; ogni modulo di autocertificazione. Il diritto della pandemia Sars-Covid 2 si è impresso nella nostra memoria di giuristi esattamente in questa sequenza parossistica di atti normativi e amministrativi. Tanta carta, legalità ferrea e tanto spirito della legge eccezionale, imposta ai singoli per garantire la collettività, la salute e l’ordine pubblico. E, quindi, tanta speranza e fede nella tenuta democratica del Paese e nella capacità dei consociati di comprendere i tempi e di accettare le restrizioni. Fiducia nella loro consapevolezza di essere cittadini; parte di un tutto, dove tutti sono compresi e considerati. 
Sullo sfondo, drammaticamente, il Lavoro; la sua necessità e la sua assenza. E l’esigenza di una regolamentazione netta e priva di ambiguità. Non mi pare si possa negare che la pandemia abbia messo al centro delle riflessioni sui destini delle nostre società il valore delle attività lavorative, il sostegno dell’economia come passaggio ineludibile di un effettivo percorso di emancipazione e partecipazione delle categorie produttive – unitamente; nel loro essere, insieme, la vera ricchezza degli Stati – alla vita civile e politica del Paese. Lo “scenario di guerra” – così molti lo hanno definito – ha vivificato e reso meno astratti alcuni principi e valori cardine della nostra Costituzione; proprio perché, evidentemente, il sentimento collettivo si è, per la prima volta, avvicinato coscientemente e materialmente al clima storico che li produsse.